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L'economia dei paesi nordici
2 aprile 2009

Un merluzzo1 è un pesce il cui habitat2 naturale consiste nei filetti di merluzzo, nei bastoncini di merluzzo e nell'olio di fegato di merluzzo.

L'aragosta3, invece, da un punto di vista prettamente tecnico non può essere definita un pesce, perché sculetta in modo completamente diverso. I due animali sono in genere distinguibili dal prezzo. è dunque di prioritario interesse per l'economia delle nazioni che si affacciano sui mari del nord un metodo per inserire le carni del pesce nella dura e inutile corazza chitinosa del crostaceo.

 

La tecnica di trasformazione del merluzzo in aragosta è nota al grande pubblico da pochissimo tempo: fino a pochi anni fa vigeva il più stretto riserbo per quello che era considerato uno dei segreti industriali custoditi più gelosamente. Solo poco tempo fa il muro dell'omertà è stato infranto grazie alle frequenti ispezioni dei NAS4, che hanno notato negli scarti dei ristoranti un numero di squame, pinne e lische superiore al massimo consentito dalla legge per i pranzi a base di sole aragoste.

La pesca del merluzzo

Un merluzzo non abbocca facilmente all'amo. È completamente da sfatare la leggenda secondo la quale i pazienti pescatori del Nord stanno seduti sul molo del porto con la canna da pesca in mano e desquamano, deliscano e inscatolano i pesci a uno a uno. Non sono nemmeno nonnetti dalla barba bianca che amano giocare ai pirati con i nipotini: sono rudi uomini di mare che parlano una lingua dura e incomprensibile. Il celebre Capitan Findus5 così si espresse durante una trasmissione televisiva a lui dedicata: Ora pro nobis peccatoribus in saecula saeculorum amen.

Se le canne da pesca non servono allo scopo, non funzionano certo meglio i fucili da caccia: a causa delle note proprietà ottiche dell'acqua, il proiettile passerà sempre un pelino troppo al di sopra della preda, e comunque sempre troppo vicino alle colonie di calidus australis, bellissimi pesci tropicali che nella bella stagione perdono facilmente la bussola e smarriscono la strada di casa. Questi, se colpiti, reagiscono istintivamente telefonando al proprio legale e intentando una causa al pescatore uscendone quasi sempre vittoriosi.

A causa di queste difficoltà nel reperimento dei merluzzi, fino all'avvento dell'era telematica questo genere di pesci era considerato di gran lunga più pregiato di qualunque crostaceo (ivi compresa l'aragosta, per la cui cattura è sufficiente immergere i piedi a bagno e agitare l'alluce affinché venga prontamente attanagliato dall'animale). La situazione si ribaltò quando il celebre Capitan Findus, riflettendo sulla natura di Internet, si rese conto che con una rete ben congegnata si può fare di tutto. Detto fatto, si procurò una matassa di cavo coassiale usato per il collegamento Ethernet6 all'interno del peschereccio e lo intrecciò ottenendo il primo prototipo di rete da pesca.

In seguito, ricerche condotte da laboratori universitari scandinavi dimostrarono la migliore resa della fune in canapa7 e il cavo coassiale fu abbandonato (un solo esemplare fa mostra di sé al Museo della Pesca di Oslo). La sostituzione dei cavi coassiali con corde in canapa rese però impossibile il collegamento in rete dei computer. Si abbandonarono dunque i sistemi informatici e si ricorse al più semplice codice un tiro - due tiri per le comunicazioni via fune. Il sistema un tiro - due tiri fu adottato anche per l'uso della canapa avanzata dalla lavorazione delle corde, ovviamente in modica quantità.

Il recupero delle croste delle aragoste già mangiate

L'uso delle corazze di aragosta in cucina è documentato sin dalla più remota antichità. Nel suo De Cucina Casalinga, Tito Livio le descrive come l'unico ingrediente veramente indispensabile nella preparazione delle aragoste bollite (un piatto popolare dell'epoca tardo-repubblicana). Nel descriverne la preparazione, infatti, egli consiglia di operare una sostituzione del contenuto del carapace8 con carne macinata di merlo (forse un errore di trascrizione dal termine arcaico merlutius, merluzzo). Tale sostituzione andava operata, secondo lo storico, tramite arnesi da imbalsamatore egizio; la tecnica cadde in disuso con la scomparsa degli antichi egizi e la loro sostituzione con quelli moderni, più resistenti e meno costosi.

Una lettera di San Paolo (ritenuta però apocrifa dalla Chiesa) spiega con dovizia di particolari come i dodici canestri avanzati dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci fossero stati abilmente trafugati da Giuda Iscariota, il quale, reperiti alcuni carapaci abbandonati dai pescatori del mare di Galilea, si affrettò a riempirli con il contenuto dei cesti (merluzzi, secondo le più recenti esegesi), ricavandone un lauto guadagno che dimenticò di introdurre nella cassa comune e non dichiarò mai nel Modello Unico. Matteo forse vide, ma non lo disse né a Gesù né al Fisco, nonostante la sua posizione lo obbligasse in entrambi i sensi.

In tempi più vicini a noi, il fisico Nicola Tesla, il cui ristorante attirava tutta l'élite scientifica dell'epoca, concepì un intricato gioco di campi magnetici atti a far muovere l'aragosta ripiena di merluzzo macinato come fosse viva, ma il suo espediente fu smascherato da James Clerk Maxwell, che passando di lì poté percepire una lieve onda elettromagnetica (aveva scoperto le onde elettromagnetiche la sera prima). In seguito, Ernest Hemingway descrisse in un suo famoso libro un'esaltante esperienza di caccia grossa nei bassi fondali tropicali ricchi di questi crostacei, e la moda di sostituirne il contenuto fu per un breve periodo abbandonata.

Nei primi anni del nostro secolo uno spaventoso tsunami si abbatté sulla costa orientale dell'isola di Kanagawa in Giappone, riversando sulle rive grandi quantità di aragoste e merluzzi ormai indistinguibili le une dagli altri. L'insieme venne immesso sul mercato da un'azienda priva di scrupoli sotto forma di bustine liofilizzate per la zuppa di aragosta. Il monte Fuji aveva infatti eruttato una quantità di lava sufficiente a riscaldare e bollire il tutto.


Note

1 Mer·lùz·zo sm. Non è un'aragosta. Si presenta in molte forme diverse a seconda della marca di surgelati.

2 Hà·bi·tat sm, d. lat. hàbitat. Posto in cui è usuale trovare una determinata specie, ad esempio le scatolette per il tonno.

3 A·ra·gò·sta sf. Crostaceo il cui carapace cambia colore a seconda della temperatura dell'acqua in cui è stato pescato: bruno a temperatura ambiente, rosso a quella di ebollizione. Distinguibile dal merluzzo per il prezzo, e perché è esposta al ristorante invece che all'acquario comunale.

4 NAS sm pl.. Noveri Aragoste Sofisticate, un reparto della Guardia di Finanza.

5 Ca·pi·tàn Fìn·dus npm. Leggendario lupo di mare vichingo che si è da tempo ritirato dall'attività di pescatore ritenendo più redditizio il mestiere di surgelatore di fauna ittica improponibile come fresca.

6 È·ther·net boh. Sistema di collegamento in rete locale per pescherecci.

7 Cà·na·pa sf. Pianta dai molteplici utilizzi, alcuni dei quali ne richiedono la combustione, tutti accomunati dal concetto di tiro.

8 Ca·ra·pà·ce sm. Camicia di forza che la natura ha imposto ad alcune creature perché le carni non si sfaldino troppo se sottoposte a bollitura prolungata.

 
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