Rasomuro.org - Il rumor bianco del Web - 3 aprile 2009

Il mondo, questo sconosciuto

Bomphalaralhapombhattarallarallai (India)

Meglio nota come “Città del Prosecco Amabile” a causa di un curioso errore di collocazione geografica da parte dei primi esploratori occidentali, la città di Bomphalaralhapombhattarallarallai è la capitale del distretto di Bom. è situata al centro geometrico della Foresta delle Upupe Vergini, così chiamata a causa del fetore insopportabile prodotto da alcune piante che crescono nell'intricato sottobosco (e che fa passare la voglia di accoppiarsi alle upupe maschio). Laborioso centro minerario, la città conobbe un periodo di intenso sviluppo sotto il controllo della Green Ruby Co., una ditta americana che dava lavoro a milioni di persone in cambio di pane e sale. Specializzata nell'estrazione del rubino verde, la Green Ruby Co. chiuse ogni attività quando il suo amministratore fu sostituito da un collega non daltonico.

 

Oggi, dunque, la città è completamente ricoperta dalla olezzosa foresta dalla quale era sorta. Il viaggiatore può giungervi da nord, attraverso le Montagne Bastarde, oppure da est, seguendo l'antica via carovaniera che, per mezzo di una serie di indicazioni false, depistava verso quella regione tutto il traffico commerciale diretto a Mumbai. Scoperto l'inganno, si racconta, il rajah di Mumbai volle far visita a quella intraprendente cittadina travestito da piccione viaggiatore (la leggenda non si dilunga sui complessi preparativi). Giunto nella piazza centrale, egli scoprì uno stile di vita semplice e genuino, fatto di cose normali e di piccoli gesti di cortesia e di affetto, riscoprì il sorriso, l'amicizia e l'amore (anche se travestito com'era non poteva farci molto) ed ebbe a noia la vita di agi e di dissoluta ricchezza che aveva condotto fino a quel momento. Decise di continuare a viverla comunque, e per ringraziare gli abitanti della città fece costruire un sontuoso monumento sulle sue rovine dopo averla fatta cannoneggiare per sette anni, sette mesi, sette giorni, sette ore e quaranta minuti (proprio alla fine, gli si era fermato l'orologio mentre gustava il suo sorbetto al cinghiale, poco prima di coricarsi). Gli abitanti, viste le soverchianti forze del Rajah, si riunirono in assemblea e votarono all'unanimità di trasferirsi alle Maldive, dove tuttora accolgono i turisti con le loro allegre storie di morte e distruzione.

Stugo sul Lago (Italia)

Un tempo, sulle rive del torrente Lago, all'imbocco della Val Vermosa, si trovava il fiorente paesino di Stugo, circondato da boschi rigogliosi e dai fertili pendii di monte John Fitzgerald Kennedy.

Questo paese ora non esiste più, consumato da una lunga diatriba tra gli abitanti che se oggi ne vedessero le rovine capirebbero la pochezza dei loro dissidi e se ne andrebbero a litigare in un altro paese fino a ridurlo in briciole ancor più minute. Inghiottite dagli alberi, le mura delle case offrono oggi riparo agli animaletti del bosco, come il Rosicauova dal Pelo Irsuto, il Mangiafoglie Giallonasuto e lo Spremiagrumi Marsupiale, che aggredisce le altre specie spruzzando loro succo di limone negli occhi.

In realtà, il motivo per cui Stugo è in rovina non è da poco. Divenuto un importante crocevia per il commercio della noce zanzaruta (simile a quella moscata, ma più fastidiosa), esso vide fiorire su una riva un importante mercato, sull'altra l'industria della trasformazione della spezia nei mille e più prodotti che se ne ricavavano, come la polvere pruriginosa e la crema del dottor Mandingo. Su una riva del torrente sorgeva l'area commerciale, sull'altra quella industriale.

Gli abitanti decisero di dividersi in due frazioni amministrative, Stugo Di Qua e Stugo Di Là. Non erano possibili altre distinzioni: “Di Sopra” e “Di Sotto” non poteva andare, perché erano alla stessa altezza; “Riva Destra” e “Riva Sinistra” nemmeno, perché nei frequenti periodi di siccità nessuno ricordava la direzione in cui scorre il torrente Lago. Cambiare nome era impossibile, giacché entrambe le parti erano affezionate al patrono Sant'Ugobaldo, del cui nome “Stugo” è un'acrobatica contrazione (la chiesetta di Sant'Ugobaldo fa ancora mostra di sé nell'isoletta di Monsenmiscèl, in mezzo al torrente).

La rivalità fra le due metà del paese raggiunse l'apice allorquando un etugense (abitante di Stugo) emigrato quarant'anni prima in America e colà deceduto per le complicazioni mediche conseguenti all'inserimento forzato della sua testa nella canna fumaria di uno scaldabagno lasciò una cospicua eredità all'amministrazione comunale del paese d'origine, specificando che la sua casa natale si trovava “Di Quà” rispetto al Lago. Gli abitanti Di Là, naturalmente, pretesero parte delle marche da bollo costituenti l'eredità in virtù dell'accento, che a loro dire attestava una certa inconscia simpatia del defunto per la loro frazione.

Santa Lucilla al Pero (Italia)

Si tratta di una cittadina del palmoratese fondata nel 1763 dal principe di Roccadinamitarda dopo un violento litigio con la moglie, che lo rimproverava di non aver mai fatto nulla di buono nella vita. Il rimprovero era da lui pienamente condiviso, ma egli era felice così; com'ebbe a confidare a un amico, “se mai un giorno dovessi fare qualcosa di utile, spero che sia in fretta e senza accorgermene”.

La lapide al centro del paese cercava di ricordare con poche parole il fatto che condusse alla fondazione del medesimo, ma era scritta in un dialetto palmoratese molto stretto e arcaico, parlato solo dall'unico ultracentenario del paese, che essendo analfabeta non la poteva leggere. Insigni linguisti si misurarono nell'arduo compito di tradurre l'insegna, uscendone invariabilmente sconfitti, finché un giorno un giovane linguista ebbe l'illuminata idea di leggerla con la voce di Topo Gigio, svelandone il mistero e rendendone chiaro a tutti il significato. Eccone la traduzione nel linguaggio odierno:

Io, Marianselmo Gu, principe di Roccadinamitarda e di altre rocche limitrofe, depongo la prima e ultima pietra del paese di Santa Lucilla {NdC: il paese è tuttora una tendopoli} al preciso scopo di lasciare un segno della mia esistenza in questo mondo.

?burg (Germania)

Situato nella grande pianura nordeuropea, lontano da tutti i fiumi e da tutte le principali vie di comunicazione, lungi dal mare e dalle montagne, distante da ogni confine nazionale e regionale, lo sperduto borgo di ?burg non si è mai saputo dar un nome.

Il suo caso ha sempre costituito un problema per l'amministrazione locale e per gli accademici tedeschi: come si scrive e come si pronuncia un punto di domanda maiuscolo?

 

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