Rasomuro.org - Il rumor bianco del Web - 11 maggio 2008

Bivio Quantico

I.

Al suono della sveglia, la realtà si gettò addosso ad Alberto come una raffica di secchiate d'acqua gelida. Lo sfratto imminente: prima secchiata. Il saldo del conto bancario in continua crescita, se si trascurava il fatto che era scritto in rosso: e giù un altro secchio. I punti della patente in esaurimento: un gavettone traditore sulla nuca (perché la realtà ti raggiunge da ogni lato, hai un bel daffare a ripararti). Una sensazione che accoglieva Alberto tutte le mattine con la certezza di un agguato dei briganti a una carovana lungo la Via della Seta. Alberto emise un lungo gemito angosciato che nella sua lugubre, insanabile, prolungata tristezza intimidì la sveglia, la quale decise di rifarsi viva l'indomani.

A differenza degli altri giorni, però, oggi Alberto aveva il ForQ sul comodino, e la spia era verde. Alberto avrebbe potuto cambiare le cose.

La sua proposta di sviluppo del sistema informativo distribuito del Comune aveva tutte le carte in regola: era basata sui più avanzati paradigmi software, e costava poco. Così poco che, per rendere credibile l'offerta, la sua società avrebbe dovuto alzare il prezzo, con il rischio che un concorrente vincesse con un'offerta migliore. Certo, chiedendo centomila EuroYuan avrebbe senz'altro vinto, ma il margine di guadagno sarebbe stato impalpabile. Avrebbe potuto tirare avanti per qualche mese, e poi? Meglio raddoppiare l'offerta. Sarebbe stato un bel colpo, ma... Se il concorrente avesse proposto meno di duecentomila EuroYuan? Non aveva idea delle stime di costo dell'altro progetto.

Non aveva importanza. Aveva di meglio.

Aveva il ForQ.

* * *

Bruna si era presentata a lui la sera prima con quella misteriosa scatolina in una mano, e una costosa bottiglia di vino nell'altra. La bottiglia di vino strideva con l'immagine ascetica e salutistica della giovane fisica, la quale non se la poteva di certo permettere e, anche se avesse potuto, avrebbe gradito maggiormente qualche strano infuso di erbe orientali.

Que pasa?” aveva chiesto Alberto, particolarmente incuriosito dalla bottiglia, “Pensavo che il crollo di Yahoogle ti avesse trascinata nel baratro...”

“No, avevo venduto poco prima del crollo.” Il tonfo del gigante informatico, avvenuto in tarda mattinata, era stato il leitmotiv del giorno. Bruna, nella sua semplicità, aveva sempre fatto sfoggio del suo pacchetto azionario, nel quale Yahoogle aveva un notevole peso, unito a un'abissale e noncurante ignoranza dei meccanismi della new economy e a una profonda diffidenza nei confronti dei consulenti economici, fossero umani o bot. Il fatto che ella avesse potuto prevedere il crollo traendone vantaggio spingeva la curiosità di Alberto a vette morbose.

“Bruna, amica mia, non sapresti prevedere un collasso azionario nemmeno se fosse avvenuto ieri!”

“Eppure, è proprio questo il punto. Per quanto mi riguarda, è avvenuto ieri. Cioè, oggi. Un altro oggi, ovviamente. Mi segui?”

Alberto pensò che il proprio mutismo fosse eloquente. Bruna non colse lo smarrimento dell'amico e cominciò ad annuire lievemente con la testa, come per incoraggiare Alberto a fare altrettanto: da brava fisica, aveva una smisurata fiducia negli effetti di risonanza. Alberto pensò di rafforzare la propria posizione lasciando cadere la mandibola.

Bruna cedette alzando gli occhi al cielo: “Sai di che cosa mi occupo?”

“Di fisica.”

“Risposta corretta, ma vaga. Io faccio esperimenti con la realtà.”

Meglio tornare a tacere, pensò Alberto.

“Hai sicuramente sentito parlare di esperimenti quantistici che fanno ritenere che la realtà si trovi spesso di fronte a dei bivi...”

“Sì, ma pensavo si trattasse di qualche Gedankenexperiment...” Alberto credeva di ricordare che quella parola, spesso sentita dall'amica, significasse che l'esperimento è irrealizzabile.

“Solo perché gli apparati sperimentali non erano abbastanza precisi. Ora si possono fare sul serio. Il mio gruppo di ricerca ha appena compiuto una scoperta sensazionale, ma non siamo certi che sia saggio comunicarla. Immagina che non solo questi bivi siano reali, ma che di tanto in tanto sia possibile tornare indietro e prendere l'altra strada!”

Alberto tornò a seguire la strategia originaria del mutismo, deciso ad abbandonarla solo quando l'amica si fosse calmata.

“Insomma,” proseguì Bruna, “abbiamo questa scatolina...” Presentò la scatola metallica che aveva tenuto in mano fin dall'ingresso in casa. Era un semplice cubetto metallico, di fattura scarsamente curata. Le viti di chiusura erano addirittura storte e diverse tra loro, e presentava solamente alcuni pulsanti e una spia luminosa. “Ecco il ForQ!” fece, imitando Doraemon quando estrae l'invenzione dalla sua tasca.

“...?”

“ForQ, ho detto. Non significa quasi nulla, è un gioco di parole per informatici quantistici. Purtroppo i nomi più carini erano già presi, abbiamo controllato su Yahoogle, pace all'anima sua.”

“...?”

“Supponi di non saper scegliere tra due alternative, ad esempio se vendere o no delle azioni. La sera vai a letto con l'idea di non venderle, e premi un pulsante del ForQ. La mattina il ForQ emette una luce verde, e tu non vendi. Se le azioni continuano a salire, tutto bene. Se invece le azioni crollano, premi un altro pulsante del ForQ e vai a dormire. La giornata si ripete al tuo risveglio, anche se tu ovviamente non ricordi nulla.”

“Dunque è inutile?” Alberto non gradiva l'idea di ripetere gli stessi errori: ne faceva fin troppi già in partenza...

“Il cervello è un sistema troppo complesso per poter trasferire memorie di eventi che a tutti gli effetti debbono ancora avvenire. Però il mio gruppo ha scoperto un modo di far filtrare un singolo bit di informazione in questo processo: al nuovo risveglio, la spia luminosa del ForQ è rossa!”

“Così capisci che la tua scelta di non vendere è sbagliata...”

“Esattamente!” Bruna non riusciva a trattenere l'entusiasmo nemmeno nelle discussioni teoriche, figurarsi in quell'occasione. “Stamattina la lucina era rossa. E` stato come ricevere un messaggio dalla futura me stessa. Una me stessa, suppongo, alquanto infelice. Sono corsa al computer e ho venduto tutto. Poche ore dopo, quelle azioni erano carta straccia. Non potevo guadagnare di più!”

“Sei un genio, Bruna! Quando divulgherete la scoperta? Pensa a un mondo in cui si fanno sempre le scelte migliori.” Il piano di Alberto non era esattamente questo, ma desiderava quella scatolina con tutte le forze...

“Non è così semplice. Chiunque potrebbe costruire il meccanismo e il mondo finirebbe nel caos. Inoltre, il punto di ritorno deve essere collocato durante il sonno, altrimenti temo gravi scompensi psicologici. Il mondo non è maturo. Pensa solo alle implicazioni etiche...” Bruna continuò a lungo a enumerare tutte le ragioni per nascondere l'invenzione; sembrava lo stereotipo dello “scienziato responsabile” in un romanzaccio di fantascienza, il visionario ingenuo ma geniale al quale l'invenzione viene regolarmente rubata nel primo capitolo. Chiaramente, dal punto di vista di Bruna la vendita delle azioni di Yahoogle era solo un esperimento: nessun altro, nemmeno il più caro amico di Bruna, avrebbe mai avuto accesso a un oggetto tanto pericoloso...

Dopo qualche bicchiere di vino, Alberto ebbe in prestito il ForQ dall'amica astemia.

II.

Quel mattino, dunque, la spia del ForQ era verde. Il piano era semplice: avrebbe presentato l'offerta maggiore. Se il concorrente avesse vinto, avrebbe ripetuto la giornata. Svegliandosi con la spia rossa, avrebbe presentato l'offerta minore e avrebbe avuto qualche altro mese per pianificare una strategia a lungo termine. Armato di questa speranza, Alberto sigillò la busta con l'offerta di duecentomila EuroYuan e andò al Municipio.

Consegnò la busta pochi minuti prima del termine e si preparò ad attendere. Carlo, il suo principale avversario, era sicuro di sé e non tradiva alcuna emozione. L'azienda per cui lavorava avrebbe accolto la vittoria con una riga in più nel suo già smisurato bilancio. Non era certo la piccola società che Alberto divideva con un amico perennemente impegnato in spedizioni in luoghi desolati (“Vado al Polo Sud in cammello,” era stato il suo ultimo messaggio).

Decise di attendere altrove: non aveva alcun bisogno di leggere il bollettino dal video OLED della sala d'attesa. A differenza di Carlo, obbligato dal contratto a rimanere nel locale, lui poteva spostarsi in un bar e scambiare un po' di banda del suo i²Phone per una bibita fresca. Si sedette in un posto al sole ed estrasse l'i²Phone dalla custodia per ricaricarlo. Immediatamente, i dispositivi di alcuni passanti si collegarono al suo per usarlo come nodo di scambio con la rete, e vide i suoi crediti SkypeCola crescere, lenti ma decisi. Ordinò un LemonJoost e scaricò il credito necessario dai palmari di alcuni clienti, lieti di pagargli la bibita in cambio della banda, il tutto automaticamente.

Un discreto segnale nell'auricolare avvisò Alberto dell'arrivo di una notifica. Con evidente nervosismo, rovesciando quasi il bicchiere, espanse il display e lesse. L'azienda di Carlo aveva vinto. Una giornata da buttare. Estrasse con discrezione il ForQ dal marsupio e, seguendo le istruzioni di Bruna, predispose la ripetizione della giornata. Questa volta, però, la luce rossa lo avrebbe avvertito del problema e lui avrebbe vinto con l'offerta minore, con la consolazione di potersi trascinare avanti per qualche mese in attesa di una nuova opportunità.

III.

Un effetto collaterale dell'uso del ForQ era che, una volta presa la decisione di ripetere, il resto della giornata di Alberto poteva considerarsi completamente libero. Passeggiava dunque per la strada, in preda a sensazioni e pensieri non molto allegri, sperimentando tuttavia una leggerezza mai provata prima. Fu proprio allora, mentre passeggiava senza meta allucinato da pensieri strani, che si reimbatté in Carlo, appena uscito dal Municipio. Composto e serio, Carlo sospettava il dramma interiore vissuto da Alberto, e distolse lo sguardo dopo un breve saluto. Il mondo degli affari era una giungla, e Carlo era dalla parte del più forte.

Al diavolo, pensò Alberto, potrei benissimo saltargli addosso e picchiarlo selvaggiamente. Eppure, Carlo non suscitava in lui sufficiente livore. Forse poteva togliersi un altro sfizio...

“Congratulazioni, Carlo.” Gli si presentò davanti con la mano tesa.

“Grazie, Alberto. Mi spiace che non ci fosse spazio per due commesse, spero che avrai modo di rifarti.”

“Molto presto, spero. Posso farti una domanda tecnica?”

“Spara.”

“Come avete pensato di risolvere il problema della trasmissione sincrona fra i nodi mobili del sistema?”

“Alberto, sai bene che non ne posso parlare. E' il punto cruciale del sistema.”

“Ti spiace se ci sediamo qualche minuto? Ti racconto come pensavo di fare io...”

Carlo tentennò, vistosamente. Per quanto Alberto non potesse essere tanto ingenuo da raccontare i propri segreti al concorrente, perdendo l'unico vantaggio competitivo sul quale potesse contare, Carlo aveva bisogno di cogliere qualche spunto per quello che sembrava essere il problema centrale del progetto. Forse Alberto stava cercando di sviarlo, comunque qualche spunto non poteva fargli male, inoltre non era atteso in ufficio fino al pomeriggio.

Si sedettero, ordinarono due birre e Alberto cominciò a parlare...

IV.

Carlo stentava a crederlo: Alberto gli stava confidando una soluzione semplice e geniale, che lui stesso avrebbe potuto mettere in pratica raddoppiando il margine di guadagno di questo e d'altri progetti. Alberto si soffermava su tutti i dettagli, senza apparentemente rendersi conto che forniva all'avversario il mezzo più sicuro per schiacciarlo definitivamente.

Ad un certo punto, Carlo credette di individuare una falla nel metodo di Alberto, segno che forse costui voleva metterlo sulla strada sbagliata.

“Aspetta, non può funzionare! Dubito che la rete GALILEO possa sincronizzare al milionesimo di secondo i nostri apparati.”

“Non consideri l'apporto degli altri sistemi di misurazione: il mondo è pieno di fonti di sincronismo, e i dispositivi non devono far altro che mediare il tutto attraverso il meccanismo neurale di cui ti ho parlato. La tecnica è descritta in un articolo del Journal of Synchronous and Distributed Systems...” Qualche tocco all'i²Phone, e Alberto aveva trasferito l'articolo al WhiteBerry di Carlo.

Se una falla c'era, dunque, era molto ben nascosta. Carlo conosceva i propri limiti, se Alberto avesse deciso di imbrogliarlo non sarebbe riuscito a scoprirlo. Troppo rischioso presentare l'idea come propria. C'era un'unica soluzione.

Premette un tasto dell'auricolare. “Il cavalier Demotti, per favore.” Nientemeno che il presidente... Una breve attesa, poi: “Cavaliere, a proposito della commessa di oggi... Sì, la ringrazio, ma il merito è di tutta la squadra... Volevo presentarle una persona. Una possibile acquisizione di società, ma bisogna decidere alla svelta. Arrivo subito!” Chiuse la comunicazione.

Alberto sobbalzò. “Acquisizione? Stop, frena! Perché mai mi dovreste acquisire? Che cosa ci guadagni?”

“Considerami il tuo agente. Per contratto, io prendo il 10% di quello che danno a te. Così non ho bisogno di soffiarti l'idea, e se punti a imbrogliarci ti fai male da solo.” Così dicendo, s'era alzato dal tavolo, costringendo Alberto a fare altrettanto con una cortese ma decisa mano sulla spalla.

Carlo aveva probabilmente chiamato il taxi attraverso il suo WhiteBerry, perché Alberto vi fu sospinto, con la solita cortese decisione, e vi si dovette accomodare. Per un attimo credette di essere vittima di un sequestro di persona.

Carlo era estremamente eccitato. “Spero che non ti dispiaccia se chiedo al mio palmare di non cancellare la registrazione del nostro discorso.”

“Tutt'altro...” Dire che Alberto era disorientato era come affermare che l'oceano è umido.

“Assumo che tu abbia già fatto altrettanto, e che abbia depositato il file presso un bot legale.” Inutile dire che Alberto non aveva fatto nulla del genere. “La spedisco subito al nostro ufficio tecnico, così acceleriamo i tempi.”

L'autista approfittò di tutte le corsie d'emergenza, i passaggi riservati, passò due semafori rossi. Alberto vide che Carlo continuava a strisciare il pollice sul lettore biometrico del suo palmare: stava automaticamente ponendo a carico della sua società tutta le contravvenzioni relative a quel viaggio.

Sceso dal taxi, Alberto venne fatto accomodare nell'ufficio del cavalier Demotti, il quale gli si presentò con la mano tesa e un sorriso molto ben calibrato.

“Si accomodi. Non ho molto tempo, ma non penso che ne avremo bisogno.”

La poltrona era accogliente. La vasta scrivania era il punto focale dell'ufficio, e Demotti si sedette dal proprio lato. La segretaria entrò con due bicchieri di birra: non era il whisky che ci si aspetta da un top manager del calibro di Demotti, ma forse Carlo aveva comunicato le preferenze di Alberto alla segretaria. Una gradita violazione della sua privacy...

“Carlo è il nostro miglior elemento,” tagliò corto Demotti. “Forse non dal punto di vista tecnico, ma ha fiuto per le persone e le idee. L'ufficio tecnico ha validato la vostra discussione, e non vede l'ora di mettersi al lavoro.”

“Penso di aver fornito tutti i dettagli...”

“Le confesso che questa mossa ci ha disorientati. Il nostro ufficio legale pensa che lei desideri farsi rubare l'idea per poi denunciarci, ma quelli sono pagati per essere paranoici. Carlo dice che forse lei medita il suicidio e non ha nulla da perdere. Io penso semplicemente che lei abbia deciso di farci scoprire le sue qualità in un modo poco ortodosso. Bene, io ho deciso di vedere la sua mano, e getto la mia posta nel piatto.”

Disse un numero che ad Alberto parve una distanza interplanetaria.

Misurata in millimetri.

V.

L'incontro non si era protratto a lungo. L'accordo avrebbe richiesto un po' di tempo, ma comportava l'acquisizione della piccola società di Alberto e una carica di CTO per lui, con un piccolo contentino al suo evanescente socio.

Gli eventi avevano subito una piega imprevista. Il coraggio, dovuto alla sicurezza che il ForQ avrebbe risistemato tutto, lo aveva tirato fuori dai guai al di là di ogni sua aspettativa. Prima di disabilitare il ForQ, però, doveva fugare un dubbio. Quanto aveva chiesto l'azienda di Carlo?

Entrò nel municipio, e alla reception trovò Elvira. Ottimo: a differenza delle streghe con cui si alternava, Alberto la conosceva bene, e sorprendentemente lei sembrava trovarlo simpatico. Le si avvicinò: “Ti va una piccola violazione del segreto d'ufficio?”

“L'offerta dei tuoi avversari, vuoi dire? E' un dato pubblico, anche se non è ancora stato messo in rete per motivi di tempo: hanno offerto centocinquantamila EuroYuan.”

Una media perfetta fra le due offerte prospettate da Alberto.

Elvira gli si avvicinò. “Non te la prendere: se avessi vinto te la saresti vista brutta, ho appena sentito delle voci... Io stacco alle sei. Andiamo a mangiare qualcosa e ti racconto.”

Alberto era incuriosito. Non solo: l'idea di portare Elvira a cena fuori, con la complicità del “piccolo” acconto che Demotti gli aveva messo in mano, era piacevole. Corse a casa, trasferì sul conto del padrone di casa una somma sufficiente a coprire gli arretrati e ad allontanare la minaccia, appesa sulla sua porta di casa, di annullare le sue credenziali di accesso alla porta blindata. Depositò la maggior parte della somma riscossa in un conto vincolato in Marchi 2.0, e una parte nel conto corrente. Lasciò che il suo Avatar concordasse con l'Avatar di Elvira il ristorante più adatto per la sera: non pose alcun limite di spesa, anche se purtroppo il breve preavviso precludeva i ristoranti più rinomati.

Alle sei, un Alberto insolitamente sereno e sicuro di sé attendeva ai piedi dell'imponente scalinata del Municipio. Non appena Elvira comparve, Alberto chiamò un taxi attraverso l'accesso prioritario appena acquistato e la fece accomodare. Dopo un breve tragitto condito da una conversazione formale a beneficio del tassista, i due furono scaricati all'ingresso di un piccolo ristorante indiano.

“Il mio Avatar mi aveva avvertito che mi aspettava una bella sorpresa,” disse Elvira, genuinamente entusiasta.

Le donne non sanno mantenere un segreto nemmeno se sono virtuali, si trovò a pensare Alberto. Un cameriere li accompagnò al tavolo. Un inebriante odore di spezie pervadeva l'aria.

Inaspettatamente, Elvira si fece seria. “E' un bene che tu abbia perso quella commissione, Alberto. Ho sentito che qualche pezzo da novanta del Comune esigeva di dare l'appalto a un'azienda grossa, e lamentava che il bando non lo prevedesse esplicitamente. Ti avrebbero reso la vita difficile, alla fine avresti dovuto uscire dall'affare con l'esborso della penale per mancata consegna. Il gioco era decisamente più grande di te.”

Liberatasi di questo pesante segreto, Elvira si rilassò e il resto della serata trascorse nel modo migliore. Terminata la cena, e declinata l'offerta da parte di Elvira di dividere le spese, si trasferirono in un bar scelto a caso in un elenco di locali “raccomandabili” forniti da SerenDeep. Sul loro tavolino transitarono bicchieri di cocktail, mance ai camerieri, discorsi sempre più intimi e familiari. Ad un certo punto, il tentativo fallito di pronunciare una parola particolarmente difficile segnalò ad Alberto che la serata poteva terminare lì, prima che l'ebbrezza dell'alcool arrivasse a sostituire la magia di quella notte con le sue percezioni incoerenti e un mal di testa mattutino. Ora che il ghiaccio era rotto, ci sarebbe stato tempo e modo di avviare un rapporto serio.

Riaccompagnò Elvira a casa. Al momento di salutarla si limitò a un lieve sfioramento di labbra, che lei accettò con piacere e senza mostrare fastidio o delusione.

Un'ultima corsa in taxi, e finalmente il letto.

Giornata memorabile, pensò confusamente mentre scivolava nel sonno.

I.

Al suono della sveglia, la realtà si gettò addosso ad Alberto come una raffica di secchiate d'acqua gelida. Lo sfratto imminente: prima secchiata. Il saldo del conto bancario in continua crescita, se si trascurava il fatto che era scritto in rosso: e giù un altro secchio. I punti della patente in esaurimento: un gavettone traditore sulla nuca (perché la realtà ti raggiunge da ogni lato, hai un bel daffare a ripararti). Una sensazione che accoglieva Alberto tutte le mattine con la certezza di un agguato dei briganti a una carovana lungo la Via della Seta. Alberto emise un lungo gemito angosciato che nella sua lugubre, insanabile, prolungata tristezza intimidì la sveglia, la quale decise di rifarsi viva l'indomani.

A differenza degli altri giorni, però, oggi Alberto aveva il ForQ sul comodino, e la spia era rossa. Ora sapeva cosa fare.

 

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